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Pro Loco Castellarano

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La storia di Castellarano in breve

Castellarano, situato nella zona bassa della valle del Secchia, vanta insediamenti umani risalenti a 2000 anni a.C.

Come testimoniano i vari ritrovamenti archeologici (utensili in selce, utensili relativi al neolitico e resti di una terramara) la zona fu meta di popolazioni primitive. Sul territorio del comune e soprattutto sulla collina di arenaria che sovrasta il fiume, sono stati ritrovati resti che confermano la presenza, in seguito, di Liguri, Etruschi (muri di ciottoli a secco orientati secondo i punti cardinali, pezzi di vasi e il piede di una ciotola col possessivo etrusco Venarnès graffito sul fondo), Galli e naturalmente Romani. 

Il nome Castellarano, infatti, è di probabile origine latina e verrebbe da Castrum Arii o Darii cioè Castello, terra fortificata di Ario o Dario; alcuni però lo farebbero derivare da Castrum olerianum (castello degli ulivi) o da Castrum Arianum (Castello degli Ariani) in riferimento a una possibile colonia di Longobardi Ariani qui stanziatasi in epoca post-romana. Infatti, dopo la caduta dell'Impero Romano, intorno alla seconda metà  del VI secolo, Castellarano fu occupata dai Longobardi che qui posero un presidio militare. Tale importante stanziamento è ampiamente documentato da numerosissimi ritrovamenti archeologici ed ampie necropoli con tombe per lo più appartenenti a guerrieri, con corredi funebri costituiti da armi, oggi conservati nei musei di Reggio Emilia. Un'importante testimonianza relativa alla fine della loro dominazione viene dai capitelli conservati nella chiesa Parrocchiale. 

Nel 1039 Castellarano divenne proprietà  del marchese Bonifacio di Canossa e alla sua morte passò alla figlia Matilde. Del periodo Canossano-Matildico (X-Xll sec.), rimangono scarse tracce. Si sa che la Contessa Matilde possedeva a Castellarano una casa e una cappella che donò al Monastero di Polirone (S. Benedetto Po); nel 1106 la Contessa tenne un placito presso la chiesa di S. Maria e affidò il governo di Castellarano ad una famiglia di nobili locali, in particolare al Miles Raniero da Castellarano. La famiglia non ebbe però vita lunga e nel 1187, epoca comunale, Castellarano giurò fedeltà  al comune di Reggio Emilia che era interessato a controllare l'importante canale che, partendo proprio da questi luoghi, portava la preziosa e indispensabile acqua del Secchia fino alla città . 

Nel 1185 Castellarano fu visitata dal Barbarossa. Durante le lotte tra guelfi e ghibellini, il paese fu sede di battaglie agguerritissime durante le quali la rocca fu assediata e distrutta. Nel 1319 la bellicosa famiglia dei Da Roteglia, occupò Castellarano e tra alterne vicende si legò alla storia del paese fino al 1419, anno in cui Castellarano fu definitivamente occupata dalle truppe Estensi. Nel 1432 si ebbe il primo feudatario: Jacopo Giglioli, che però cadde in disgrazia quasi subito e si uccise in carcere a Ferrara. 

Fu solo nel 1453 che il Duca Borso d'Este infeudò il conte Lorenzo Strozzi (vedasi gli stemmi in pietra sui muri della Rocchetta). 

Nel 1501, il Duca Ercole I° diede in feudo Castellarano con S. Martino in Rio e Campogalliano a suo fratello Sigismondo, che divenne perciò il primo feudatario del ramo cadetto estense degli Este S. Martino. 

Degni di menzione sono alcuni di questi Signori di Castellarano: il già  citato Sigismondo I, personaggio di grande valore, ebbe molti incarichi da parte del fratello Ercole I Duca di Ferrara e fece costruire per lui, a Ferrara, il Palazzo dei Diamanti (il diamante era infatti il simbolo di Ercole). Sigismondo II, Signore di Castellarano dal 1512 al 1560, abile politico, fu molto caro ad Emanuele Filiberto di Savoia e all'Imperatore Carlo V di Spagna, volle essere sepolto a Castellarano. 

Filippo, suo figlio, fu signore di Castellarano dal 1560 al 1592 e fu a lungo ritenuto il più probabile successore di Alfonso Il d'Este, ultimo Duca di Ferrara che non generò eredi, ma gli venne preferito Cesare d'Este Montecchio, appartenente ad una linea illegittima.

Carlo Filiberto I (1592-1652) ebbe vari incarichi dai Savoia, fu Cavaliere della SS. Annunziata e Cavaliere del Toson d'Oro, nel 1618 fece pubblicare le Constitutioni di S.Martino in Rio, Castellarano e Campogalliano che riformarono gli antichi Statuti quattrocenteschi, con un generale inasprimento delle pene. Da ultimo ricordiamo Carlo Filiberto II, (1732-1752) che trasformò la rocca in palazzo signorile e fece costruire il famoso acquedotto per portare acqua alle fontane dei bellissimi giardini, acquedotto che spesso è definito, a sproposito, Romano. 

Durante il governo degli Este di San Martino, Castellarano diede i natali ad un illustre cittadino: Domenico Toschi (1535/1620). Il Toschi, laureatosi all'università  di Pavia in Diritto civile e Canonico, si fece valere come giurista. Avviato alla carriera ecclesiastica, ottenne grandi riconoscimenti e per i suoi meriti da Cardinale fu candidato al soglio Pontificio per ben due conclavi. 

Scrisse otto volumi di diritto che rappresentarono durante il XVII secolo il repertorio giuridico per antonomasia secondo la legalità  del tempo e furono stampati in varie città  europee. 

Gli Este San Martino governarono Castellarano fino al 1757 anno in cui la primogenita del marchese Carlo Filiberto II, Anna Ricciarda, non potendo ereditare il feudo alla morte del padre, sposò il principe Alberico Barbiano di Belgioioso. Il Duca di Modena affidò poi il territorio al bresciano Conte Gaudenzio Vallotta (1726-1795), che dovette abbattere buona parte del palazzo fatto costruire dal suo predecessore. Alla morte del Vallotta la rocca fu spogliata degli arredi migliori prima dal Duca Ercole III ed in seguito dai francesi Napoleonici. 

Venduta poi all'ingegner Bartolomeo Canevazzi, ricco borghese discendente dei proprietari dei Mulini di San Michele e di Castellarano, il Canevazzi la donò nel 1854 all'unica figlia Leopoldina in occasione delle sue nozze con l'avvocato Gaetano Casali di Spilamberto. Giuseppe Casali, figlio di Leopoldina, alla fine del 1800 fece eseguire dei restauri alla rocca e con l'aggiunta di mobili e oggetti preziosi portati in dote dalla moglie principessa Lavinia Pio di Savoia, la riportò agli originali splendori. 

Purtroppo ogni cosa andò distrutta nel luglio del 1944 quando truppe tedesche per rappresaglia incendiarono buona parte degli edifici del centro storico. 

La rocca come la vediamo oggi, ancora di proprietà  della famiglia Casali, fu ricostruita negli anni '70.